“Il Casone” era chiamata la grande casa colonica dove Renato e Cesarina vivevano con la loro famiglia.
L’abitazione era isolata, abbastanza lontana dal paese e loro vivevano riservati e chiusi nel loro mondo.
In seguito ho compreso che, in genere, i contadini erano abituati a non fidarsi perché spesso erano ingannati e sfruttati ed avevano sul collo il fiato del proprietario delle terre, che compariva all’improvviso. Del resto le loro condizioni di vita e di fatica li spingevano a qualche piccolo inganno per sbarcare il lunario.
Ai miei occhi di bambina apparivano piuttosto severi, i loro silenzi mi intimorivano un poco e le loro figlie, mie compagne di giochi, temevano il padre e la madre come allora era, del resto, per tutti noi bambini.
Cesarina era sempre in attività, lavorava nei campi per aiutare il marito, accudiva le bestie da cortile, teneva in ordine la casa, faceva il pane, il formaggio, collaborava nell’insaccare il maiale, cucinava di tutto, aveva un duro cipiglio ma pronto anche un sorriso.
Tante volte l’ho vista tirare la sfoglia per le tagliatelle del pranzo scostando un ciuffo di capelli che usciva dal fazzoletto, annodato sulla nuca, nel quale abitualmente raccoglieva i capelli, o mescolare la marmellata asciugando il sudore con un lembo del grembiule da cucina.
La sua corporatura robusta e il suo aspetto florido mi mettevano di buon umore, ma lei si concedeva poco e dovevi essere molto attenta per cogliere un suo gesto d’affetto.
Renato aveva un atteggiamento ancora più ruvido, magro, con la pelle cotta dal sole che conferiva ancora più durezza al suo aspetto, era di poche parole che scandiva con decisione e che io fra l’altro non comprendevo perché parlava solo stretto dialetto emiliano, ciò contribuiva a farmelo sentire distante, quasi ostile, sembrava che noi bambine non ci vedesse nemmeno.
Quel giorno ero andata al Casone per giocare con Paola e Luisa, ma la prima , la più grande, doveva aiutare il padre che stava arando, lei aveva il compito di condurre la vacca mentre il padre spingeva l’aratro.
La sorellina osservava al margine del campo, mentre le madre toglieva le radici delle erbacce più impertinenti.
Quando Paola ci vide allontanarci per i giochi provò a chiedere ai genitori di seguirci ma il padre le parlò in tono aspro cose incomprensibili ai miei orecchi, però ne avvertii la perentorietà.
Mentre mi allontanavo vedevo scendere, sulle zolle aride, le lacrime della mia amica e in quel momento mi ritenni una bambina fortunata, io ero lì in villeggiatura.
Più tardi Paola ci raggiunse ma era triste, senza entusiasmo per i giochi.
La madre ci chiamò in cucina per la merenda e le parlò, la bambina rossa in volto per la rabbia accumulata si sfogò con lei, dalla quale, mi sembrò di intendere, si sarebbe aspettata forse più solidarietà e magari un’intercessione nei confronti del padre, almeno credo… sempre per via della mia difficoltà a capire il dialetto.
Tutto si acquietò davanti ad un piatto di uova in camicia coperte con una squisita e profumata salsa che sembrava provenire direttamente dall’orto, per me Cesarina era perdonata.
L’abitazione era isolata, abbastanza lontana dal paese e loro vivevano riservati e chiusi nel loro mondo.
In seguito ho compreso che, in genere, i contadini erano abituati a non fidarsi perché spesso erano ingannati e sfruttati ed avevano sul collo il fiato del proprietario delle terre, che compariva all’improvviso. Del resto le loro condizioni di vita e di fatica li spingevano a qualche piccolo inganno per sbarcare il lunario.
Ai miei occhi di bambina apparivano piuttosto severi, i loro silenzi mi intimorivano un poco e le loro figlie, mie compagne di giochi, temevano il padre e la madre come allora era, del resto, per tutti noi bambini.
Cesarina era sempre in attività, lavorava nei campi per aiutare il marito, accudiva le bestie da cortile, teneva in ordine la casa, faceva il pane, il formaggio, collaborava nell’insaccare il maiale, cucinava di tutto, aveva un duro cipiglio ma pronto anche un sorriso.
Tante volte l’ho vista tirare la sfoglia per le tagliatelle del pranzo scostando un ciuffo di capelli che usciva dal fazzoletto, annodato sulla nuca, nel quale abitualmente raccoglieva i capelli, o mescolare la marmellata asciugando il sudore con un lembo del grembiule da cucina.
La sua corporatura robusta e il suo aspetto florido mi mettevano di buon umore, ma lei si concedeva poco e dovevi essere molto attenta per cogliere un suo gesto d’affetto.
Renato aveva un atteggiamento ancora più ruvido, magro, con la pelle cotta dal sole che conferiva ancora più durezza al suo aspetto, era di poche parole che scandiva con decisione e che io fra l’altro non comprendevo perché parlava solo stretto dialetto emiliano, ciò contribuiva a farmelo sentire distante, quasi ostile, sembrava che noi bambine non ci vedesse nemmeno.
Quel giorno ero andata al Casone per giocare con Paola e Luisa, ma la prima , la più grande, doveva aiutare il padre che stava arando, lei aveva il compito di condurre la vacca mentre il padre spingeva l’aratro.
La sorellina osservava al margine del campo, mentre le madre toglieva le radici delle erbacce più impertinenti.
Quando Paola ci vide allontanarci per i giochi provò a chiedere ai genitori di seguirci ma il padre le parlò in tono aspro cose incomprensibili ai miei orecchi, però ne avvertii la perentorietà.
Mentre mi allontanavo vedevo scendere, sulle zolle aride, le lacrime della mia amica e in quel momento mi ritenni una bambina fortunata, io ero lì in villeggiatura.
Più tardi Paola ci raggiunse ma era triste, senza entusiasmo per i giochi.
La madre ci chiamò in cucina per la merenda e le parlò, la bambina rossa in volto per la rabbia accumulata si sfogò con lei, dalla quale, mi sembrò di intendere, si sarebbe aspettata forse più solidarietà e magari un’intercessione nei confronti del padre, almeno credo… sempre per via della mia difficoltà a capire il dialetto.
Tutto si acquietò davanti ad un piatto di uova in camicia coperte con una squisita e profumata salsa che sembrava provenire direttamente dall’orto, per me Cesarina era perdonata.
SALSA DEL CASONE
Ingredienti: 4 zucchine, 1 peperone, 3 cucchiai di prezzemolo tritato, 5 o 6 pomodori maturi, mollica di pane q.b, aceto di vino q.b., olio extravergine, sale, pepe.
Mettere la mollica a bagno nell’aceto
Porre una casseruola al fuoco con olio e prezzemolo(fig.1), far scaldare poi aggiungere le zucchine tagliate a piccoli dadi(fig.2), unire anche il peperone a dadini(fig.3) e coprire.
Spellare i pomodori e tagliarli a piccoli dadi e metterli nella casseruola(fig.4).
Cuocere finché le verdure appaiono cotte ma intere(fig.5).
Unire la mollica di pane intrisa d’aceto e amalgamare finché il pane scompare, controllare la cottura perché a questo punto la salsa tende ad attaccarsi(fig.6).
Questa salsa si presta per accompagnare uova in camicia, carne ai ferri o pesce.
Ideale per preparare dei crostini o delle tartellette, in tal caso si potrà aggiungere dell’uovo sodo sbriciolato(fig.7).
Si può conservare sotto vuoto,quindi versare la salsa in piccoli vasetti col tappo a chiusura ermetica.
Farli sterilizzare mettendoli in una pentola coperti di acqua fredda e dall’ebollizione calcolare 25/30minuti.
Far freddare i vasetti nell’acqua di sterilizzazione.
Ingredienti: 4 zucchine, 1 peperone, 3 cucchiai di prezzemolo tritato, 5 o 6 pomodori maturi, mollica di pane q.b, aceto di vino q.b., olio extravergine, sale, pepe.
Mettere la mollica a bagno nell’aceto
Porre una casseruola al fuoco con olio e prezzemolo(fig.1), far scaldare poi aggiungere le zucchine tagliate a piccoli dadi(fig.2), unire anche il peperone a dadini(fig.3) e coprire.
Spellare i pomodori e tagliarli a piccoli dadi e metterli nella casseruola(fig.4).
Cuocere finché le verdure appaiono cotte ma intere(fig.5).
Unire la mollica di pane intrisa d’aceto e amalgamare finché il pane scompare, controllare la cottura perché a questo punto la salsa tende ad attaccarsi(fig.6).
Questa salsa si presta per accompagnare uova in camicia, carne ai ferri o pesce.
Ideale per preparare dei crostini o delle tartellette, in tal caso si potrà aggiungere dell’uovo sodo sbriciolato(fig.7).
Si può conservare sotto vuoto,quindi versare la salsa in piccoli vasetti col tappo a chiusura ermetica.
Farli sterilizzare mettendoli in una pentola coperti di acqua fredda e dall’ebollizione calcolare 25/30minuti.
Far freddare i vasetti nell’acqua di sterilizzazione.
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