giovedì 28 ottobre 2010

Primo sciopero della fame

In inverno io e mia sorella ci eravamo ammalate spesso, così il dottore aveva consigliato di farci cambiare aria in estate.
Allora non c’erano soldi in famiglia per fare delle vere vacanze, quindi fummo portate a Mercatale di Vernio e affidate a dei parenti.
Mia sorella fortunatissima fu ospitata da una nipote della mamma che faceva la sarta, era una brava cuoca, una persona allegra e per niente apprensiva, aveva due figli, mia sorella si divertiva molto con loro, girellavano per il paese, andavano al fiume, si inventavano giochi dalla mattina alla sera e a tavola c’era sempre qualcosa di buono.
Io, che avevo quattro anni, fui affidata alla cognata di mia mamma, in una situazione più protetta, infatti la zia non lavorava, ma era molto ansiosa, aveva una sola figlia un po’ più grande di me quieta e remissiva che non amava i giochi di fantasia ai quali io ero abituata.
Stavamo sempre nel giardino di casa, mi annoiavo, quando mia sorella veniva a trovarmi capivo che si svagava molto più di me. I suoi saluti erano frettolosi presa com’era dalle distrazioni; invece per me l’unico momento allegro della giornata era, a sera, l’arrivo dello zio, ma poteva concedere poco, giusto un giro nell’orto perché la moglie altrimenti lo rimbrottava.
La mattina, al risveglio, c’era la tortura del Vov, infatti la zia ci faceva bere un ricostituente che preparava con i gusci d’uovo fatti macerare nel marsala e non so che altra diavoleria ci mettesse, il puzzo d’uovo misto a quello del liquore mi nauseava e nella mia testolina cominciai a pensare di porre fine a quella situazione.
Decisi di chiudere la bocca al cibo.
A niente valsero preghiere e minacce, fu chiamata anche mia sorella perché mi convincesse, ma lei che conosceva la mia testardaggine capì ben presto che la mia decisione era irremovibile e si defilò.
Non ricordo quanti furono i giorni di digiuno, so che chiamarono i miei genitori e la mamma appena arrivata comprese subito il problema, avevo attuato lo sciopero della fame per ottenere il suo arrivo confidando nella sua comprensione come infatti avvenne, con un certo imbarazzo inventò una scusa e mi trasferì con mia sorella.
Appena arrivata nella nuova casa mi ricordo che addentai con voracità lo zuccherino che mi venne offerto e nessun dolce mi sembrò poter essere più buono.
Cominciarono delle vacanze incantevoli, liberi di andare e venire, noi quattro cugini, sprigionavamo la fantasia e i giochi duravano fino a sera.
Il mio primo sciopero della fame aveva dato i suoi risultati.
Il secondo fu a diciassette anni ma questa è un’altra storia…..

ZUCCHERINI

Ingredienti:
350 g di farina 00, 150 g di fecola, 4 uova, 40g di burro fuso, 75 g di zucchero, 1 bustina di lievito per dolci, 15g di semi d’anice, un pizzico di sale,1/2 bicchierino di liquore d’anice ( a piacere ). 

Per la crosta di zucchero:
200g di zucchero,1 quartino d’acqua ( queste dosi bastano per glassare circa 23 zuccherini, poiché con la dose intera se ne ottengono circa 46 si dovranno ripetere le operazioni per la glassatura e gli ingredienti per 2 volte), zucchero a velo q.b

Fare un impasto ben lavorato con la farina, la fecola, lo zucchero, il lievito,(fig.1) le uova un po’ sbattute, il sale, il burro fuso,  i semi di anice e il liquore d’anice(fig.2).
Con l’impasto formare delle ciambelline(fig.3-fig.4-fig.5), disporle su carta forno(fig.6 ) e farle cuocere in forno a 180° per circa 15/20 minuti, devono restare bionde(fig. 7). Farle raffreddare su una gratella(fig.8).
Far sciogliere in un tegame antiaderente sul fuoco 200g di zucchero con 1 quartino d’acqua(fig.9- fig.10). Quando lo zucchero diventa biancastro(circa 120gradi), ma è ancora liquido(fig.11), unirvi la metà delle ciambelline(fig.12) e rivoltarle con un mestolo in modo che la superficie si veli (fig.13), tenerle sul fuoco (fig.14) mentre lo zucchero si addenserà spolverizzare via via con zucchero a velo(fig.15) si formerà la caratteristica crosta bianca(fig.16-fig.17-fig.18). Togliere dal tegame gli zuccherini e distenderli su una gratella per farli raffreddare e asciugare(fig.19).
Ripetere l’operazione per i restanti zuccherini. 
Secondo la tradizione lo zucchero doveva essere fuso in un paiolo di rame
sul fuoco di legna. Oggi sul gas è meglio utilizzare una teglia antiaderente.
Con questa ricetta si otterranno degli zuccherini piuttosto chiari(fig.20), se si vuole ottenere uno zuccherino più brunito basta eliminare la fecola ed usare solo ½ Kg di farina 00.


martedì 26 ottobre 2010

Puzzo di fritto

Mi trovavo a casa di mia figlia, ospite da qualche giorno.
Avevo girellato tutto il pomeriggio realizzando di tornare a casa per preparare una cenetta appetitosa, verdure pastellate e pollo.
Mi ero fermata al supermercato e nel carrello avevo depositato broccoletti, finocchi, cipolle , cavolfiore, salvia, carote, champignon acquistando rigorosamente solo prodotti di stagione.
Il color giallo paglierino dell’olio di semi di arachide stava lì a dimostrare la fine di tutte quelle verdurine.
Feci la tempura, poi la misi in frigo.
Lavai, sbucciai, affettai, tutto era pronto per il tuffo nella pastella.
Appena l’olio sprigionò il giusto calore cominciai a friggere.
- Che puzzo di fritto! Adesso resterà in casa per una settimana!- furono le parole di mia figlia mentre mi dava un bacio appena rientrata dall’ufficio.
-Mi faccio una doccia.
Puzzo di fritto!Mai si diceva una cosa simile rivolgendosi alla mamma quando calava nell’olio qualsiasi cosa, a noi sembrava un gran profumino, si girellava intorno alla sua gonna sperando di ricevere un anticipo, ci porgeva un pezzettino di pollo o di coniglio o un fiore di zucca dichiarando:
-Fritta è buona anche una ciabatta!
Puzzo di fritto!La mamma nell’ultimo residuo d’olio buttava delle fettine di pane, che si impregnavano diventando croccanti, ci porgeva quell’oro e noi ci litigavamo il pezzo più grande.
Puzzo di fritto!L’ultimo olio veniva messo in una vecchia tazza smaltat
a, insieme a quello delle fritture precedenti, sul fondo si depositavano i residui, quando ce n’era abbastanza la mamma friggeva con l’olio di “rifritto”, una goduria per il fegato!!
Puzzo di fritto!
Il profumo del fritto che si insinuava nelle stanze, non ci pareva vero di annusarlo. Magari la mamma avesse fritto tutti i giorni!
Invece adesso mi sentivo in colpa, avrei voluto aver cotto quelle verdure a vapore.
Spalancai le finestre e decisi all’istante di non friggere il pollo, improvvisai una ricetta….
La porta del bagno si aprì, il profumo del sapone si mescolò all’odore del fritto.
Ci sedemmo a tavola, il gusto finalmente affascinò.
-Buonissimo questo pollo fritto.
-E’ fritto per finta- dissi un po’ mesta mentre accendevo una candela profumata.

PASTELLA CON FARINA DI RISO
Preparare la pastella con notevole anticipo(anche la mattina per il pranzo)mescolando farina di riso(oppure metà farina di riso e metà maizena o fecola) e farina 00 in parti uguali.
Aggiungere l’acqua naturale o frizzante molto fredda, lentamente, mescolando con una frusta, per ottenere una pastella senza grumi, alla fine se si immerge un dito la pastella deve attaccarsi lasciando un velo.
Alla pastella può essere aggiunto, una puntina di bicarbonato,1/2 cucchiaino di lievito per torte salate o al momento di friggere della polvere di idrolitina
Per un fritto ancora più pallido e croccante usare 3/4 di farina di riso e 1/4 di farina 00, mentre invertendo le quantità il fritto risulterà più dorato. Coprire e lasciar riposare almeno un’ora.
10 minuti prima di friggere, mettere dei cubetti di ghiaccio in una ciotola, adagiare dentro la terrina con la pastella e tenere in fresco durante tutto il tempo che si friggerà.
Se la pastella fosse addensata aggiungere qualche cubetto di ghiaccio.
Mescolare, il ghiaccio si scioglierà mentre si procederà a friggere mantenendo la pastella fredda e più fluida.

PASTELLA CON LA BIRRA

Farina bianca 00 (metà farina00 e metà fecola), 1 uovo, 1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva(facoltativo), birra chiara(la birra può essere sostituita dal latte con un poco di lievito o con metà acqua e metà birra).

Mettere la farina in una ciotola, con l'olio, il tuorlo d’uovo o l’uovo intero, versare la birra a filo, mescolando con una frusta facendo attenzione a non formare grumi, mescolare accuratamente fino a che non si otterrà una pastella, liscia ed omogenea.
Quando tutta la farina è stata incorporata, coprire la ciotola.
La pastella ottenuta (fluida ma non liquida) va lasciata riposare per almeno un'ora a temperatura ambiente.Trascorso questo tempo mescolate ancora una volta energicamente.
Al momento di friggere(se si è utilizzato solo il tuorlo) montare l'albume a neve ben ferma con un pizzico di sale e unirlo alla pastella, poco alla volta in modo da poter controllare la consistenza della pastella, se diventa troppo liquida si disfa cocendo(eventualmente non usare tutto l’albume), mescolare delicatamente con un cucchiaio per non smontare il tutto.Questa pastella, molto più leggera di quella preparata con il latte, ha il pregio di formare uno strato compatto intorno ai cibi, che cuociono conservando tutta la loro umidità senza entrare direttamente a contatto con l'olio nel quale stanno friggendo.

FRIGGERE

Mettere in una padella l’olio di arachide(per la tempura utilizzare olio di soia), far scaldare facendo attenzione a non raggiungere il punto di fumo, La temperatura dell’olio deve essere circa di 160°/170°.
Se non avete un termometro, lasciate cadere una goccia di pastella, l'olio è alla giusta temperatura se la goccia frigge immediatamente restando a galla oppure se immergendo uno stuzzicadenti di legno si formano intorno delle piccole bollicine.
Immergere le verdure, una alla volta nella pastella.
Adagiare nell’olio caldo e friggere da un lato senza girare finché non si sia formata una leggera crosta.
Non “ stuzzicare “ il fritto, girarlo una sola volta!!
Quando è croccante e dorato sollevarlo con la pinza o scolarlo con il ragno.
Far sgocciolare l’olio in eccesso su carta da fritto. Salare a piacere e servire, c’è chi preferisce gustare senza sale, perché il sapore delle verdure si percepisce meglio.

COSA FRIGGERE


In questa stagione e per tutto l'inverno si possono friggere in pastella cimette di cavolfiore e di broccoli, zucca, finocchi, carote, funghi champignon, anelli di cipolle, foglie di salvia, carciofi.
In primavera possiamo arricchire il nostro fritto con fiori di zucca, zucchine e asparagi,funghi di bosco, mentre in estate con peperoni , melanzane, pomodori verdi e rossi.

POLLO FRITTO PER FINTA

Ingredienti per 4 persone:
1 petto di pollo grosso o 1 pollo intero senza pelle o anche disossato ma vanno bene anche cosce di pollo e altri tipi di carne come tacchino, fettine di filetto di maiale o di lonza di maiale, 1 grosso limone, 1 uovo, noce moscata , 5 o 6 cucchiai di parmigiano grattato, pane grattato q.b., poco burro(a piacere).


Tagliare il pollo a pezzi non troppo grossi.
Spremere il limone.
Salare e pepare la carne e lasciarla marinare per diverse ore nel succo di limone.
Sbattere l’uovo con una presa di noce moscata più o meno abbondante secondo il gusto personale. Unire la carne e farla insaporire per 15’/20’.
Mescolare il parmigiano con la quantità di pangrattato necessaria per impanare tutta la carne, circa il doppio rispetto al formaggio.
Passare la carne nel mix di pane e formaggio in maniera da far aderire bene, l’impanatura deve essere abbondante.
Mettere la carta da forno su una teglia, appoggiare i pezzi di carne mettendo su ognuno, se si desidera, un piccolo fiocchetto di burro.
Cuocere in forno a 180°/200°, anche ventilato, per circa 30’, si può girare una volta la carne durante la cottura, ma non è indispensabile.
Si possono preparare anche piccoli bocconcini da mettere su spiedini, alternando con spicchi di carciofo e pomodorini ciliegia.
Questa carne semplice ma gustosa è adatta per la famiglia, per un buffet può essere presentata in spiedino, in quanto è buona anche fredda.
Accompagnata con una o due salse e un gradevole contorno può andare in tavola in varie occasioni, sarà molto apprezzata soprattutto quando si saprà che non si tratta di “fritto”.


Un modo simpatico per presentare il fritto è quello di disporlo in dei cornetti di carta gialla.

venerdì 22 ottobre 2010

Double face

Un piatto "double face" , modo insolito per definire una ricetta, si dà proprio il caso che il termine sia azzeccato, infatti la proposta è unica ma il risultato multiplo.
La riflessione è nata precisamente quando lo preparavo, è stata una di quelle sollecitazioni visive così nette che il gusto non può ricevere sorprese, ma confermare soltanto la prima sensazione.


FARRO CON FINOCCHI E ALICI

Ingredienti per 4 persone:
200g di farro, 2 finocchi, 2 pomodori rossi, 1 mazzetto di rucola, 5 acciughe sotto sale, 1 cipollotto, qualche foglia di basilico, ½ limone, olio extravergine.

Pulire i finocchi e tagliare ciascuno in 4 spicchi.
Cuocere al vapore mantenendoli al dente.
Scolarli, metterli in una terrina, condire con olio, succo di limone, 3 acciughe sfilettate e tritate, unire il cipollotto affettato finemente, aggiustare di sale e pepe, lasciar marinare per 2 ore.

A questo punto la preparazione può diventare un ottimo contorno dal sapore stuzzicante e di piacevole aspetto.


Continuando.....

Sbollentare i pomodori per 2 minuti, spellarli, ridurre la polpa in dadolata.
Bollire il farro in acqua salata, scolare.
Tagliuzzare i finocchi marinati.
Condire il farro con i finocchi, la dadolata di pomodoro, i rimanenti filetti d’acciuga spezzettati, il basilico e la rucola spezzettati, aggiungere la marinata dei finocchi.
Aggiustare d' olio, pepe e sale.
Servire anche a porzioni utilizzando un coppapasta rotondo.
Avrete un piatto da utilizzare come insalata da antipasto o come primo se le porzioni saranno abbondanti, da servire tiepido o freddo.

Comunque intendiate utilizzare la ricetta il successo è assicurato!Vi consiglio di provare le due possibilità, naturalmente in momenti diversi, mai annoiare il gusto dei commensali!!

giovedì 21 ottobre 2010

Amaretti e amaranni

Il sapore degli amaretti che ho appena sfornato, con la nota dolce amara che li contraddistingue, fa affiorare il ricordo dei miei anni della scuola superiore.
Ero riuscita, a fatica, a strappare ai miei genitori il consenso di continuare gli studi, cosa che oggi può stupire, ma che nella mia famiglia era vissuto come motivo di ingiustizia, in quanto le mie sorelle, più grandi di me, non avevano potuto continuare a studiare per situazioni contingenti.
Devo alla loro intercessione l’esito positivo delle mie richieste; rassicurarono i miei genitori che mai sarebbero state sfiorate da gelosie essendo soddisfatte delle loro attività.
Del resto i tempi erano cambiati ed anche le condizioni di vita della nostra famiglia.
La scelta della scuola fu obbligata, il liceo classico neanche a pensarci, l’università era osare troppo, ragioneria neanche a parlarne, le donne negli uffici diventavano, secondo mio padre, le amanti dei “padroni”.
Fare la maestra era un buon futuro e così fu, mi opposi fermamente alla scuola privata ed ottenni di poter frequentare le magistrali statali a Firenze.
Non sempre i sogni si svolgono come vogliamo, il primo anno fu difficile perché mentre io realizzavo una cosa importante moriva la mia migliore amica, così uscita da scuola correvo in ospedale per farle compagnia e fra una flebo e l’altra facevo le versioni di latino e studiavo letteratura.
Quell’anno ebbi dieci in pagella a latino.
Persi la mia più cara amica e la paura della morte mi invase.
Aspiravo a diventare una donna moderna , indipendente, mi misi alla ricerca di me stessa, mostrandomi più emancipata di quanto in realtà fossi davvero.
La scuola era logora, ormai trasmissione di un sapere superficiale porto senza entusiasmo, lì sono annegate le mie curiosità.
E’ nato il momento delle amicizie , degli amori, ma gli stimoli per lo studio sono diventati più flebili; la pigrizia giovanile, la mancanza di un progetto condiviso dalla famiglia, i compagni di studi, tutto ha giocato a sfavore.
Il diploma conseguito è stato una liberazione.
Un documento per volare verso l’indipendenza.
Una consapevolezza di scarsa cultura.

AMARETTI PIEMONTESI
Ingredienti: 300g di zucchero, 200g di mandorle spellate o farina di mandorle, 80g di mandorle amare o 100g di armelline o essenza di mandorle amare q.b., 1 o 2 cucchiai di farina, albumi q.b.(2), odore di vaniglia, un pizzico di bicarbonato d’ammonio(facoltativo).

Tritare le mandorle spellate con due cucchiai di zucchero fino a ridurle in polvere(fig.1). Fare la stessa cosa con le armelline(fig.2).
Impastare le due farine di mandorle con il resto dello zucchero, 1 cucchiaio di farina, l’aroma di vaniglia e il pizzico di bicarbonato d’ammonio.
Unire a poco a poco gli albumi fino ad ottenere un impasto omogeneo e piuttosto denso(fig.3). Lasciar riposare la pasta coperta almeno per 10 minuti.
Gli amaretti riescono ancora meglio se l’impasto riposa per una notte prima della cottura. In questo caso mettere il bicarbonato d’ammonio al momento dell’uso.
Mettere la carta da forno su una teglia. Modellare gli amaretti con le mani facendo delle palline grandi come una piccola noce, disporle sulla carta distanziandole un po’. Far asciugare per circa 2 ore(fig.4).
Infine passare, per qualche istante della carta da cucina bagnata sugli amaretti o inumidire con un pennello .
Cuocere in forno caldo a 150° per circa 25/30 minuti, fino a quando gli amaretti saranno divenuti secchi ma friabili, se si vuole ottenere un amaretto molto secco adatto ad essere sbriciolato continuare la cottura a 50° con la funzione ventilato per 10 minuti.
Far asciugare su una gratella(fig.5).
Per ottenere amaretti dal cuore morbido formare con l’impasto grosse noci e cuocere i biscotti per 15 minuti circa a 160° / 170°(fig.6 –fig.7).
Per ottenere delle cialde occorre che l’impasto sia più morbido, utilizzando più albume, procedere normalmente facendo le palline che in cottura si allargheranno formando la cialda(fig.8).
Gli amaretti si conservano a lungo in vasi di vetro o scatole di latta(fig.9).
Questi biscotti sono famosi e in genere graditi, in pasticceria si usano per varie preparazioni quali semifreddi , coppe di gelato, ripieni di frutta e per il caratteristico bônet piemontese.



lunedì 18 ottobre 2010

La Iolanda

La Iolanda, così la chiamavamo per l’abitudine tutta toscana di mettere l’articolo davanti al nome, era intelligente, simpatica, moderna per il suo tempo, per ubbidire ai suoi genitori e non deluderli aveva sacrificato i suoi più profondi desideri di donna e l’amore, anche se io l’ho saputo molti anni dopo, quando la mia infanzia era ormai lontana.
Iolanda viveva con il marito e i suoi tre figli maschi in una moderna baiadera, con la cucina all’americana, il frigorifero e la televisione, allora io pensavo che non potesse esistere casa più bella.
Il maggiore dei suoi figli era il mio più caro amico d’infanzia.
Lei mi conosceva bene, aveva capito che c’era tra noi una certa affinità, ero la “femmina” che avrebbe voluto avere ed io varie volte ho desiderato che fosse mia madre.
Possedevano anche un’automobile; la domenica salivo in macchina con quella mia seconda famiglia, così uscivo dall’aia, con loro ho visto per la prima volta il mare e un po’ di mondo.
Iolanda ha saputo starmi vicino in modo discreto nei momenti difficili, conoscendo e rispettando il mio orgoglio, infilandomi, di nascosto, nella tasca del cappotto, la colazione per scuola, lavando il grembiule bianco, che faceva comparire, come per incanto, candido e ben stirato il lunedì mattina steso sul mio letto.
Era figlia di albergatori, cucinava bene e i suoi piatti erano insoliti per i tempi di allora in cui i cibi erano piuttosto ripetitivi e tradizionali.
Io adoravo il suo pollo ”sott’è”, lo cucino da una vita ma non l’ho mai scritto, chissà come lo avrebbe scritto Iolanda!
Siamo sempre riuscite a comunicare con sincerità, fra noi perduravano stima e comprensione anche quando lei era nonna ed io ormai mamma.
Adesso al posto della baiadera c’è un palazzo ma Iolanda sarà per sempre nel mio cuore.


POLLO SOTT' E'

Ingredienti: 1 pollo spellato e fatto a pezzi(si possono utilizzare anche petto o cosce o sovraccosce), farina q.b, brodo di carne,2 limoni, olio extravergine, sale, pepe.

Spellare il pollo e tagliarlo a pezzi.
Sbucciare i limoni con un pelapatate togliendo la parte gialla che va tagliata a julienne.
Spremere i due limoni.
Infarinare bene i pezzetti di pollo
.
Mettere al fuoco una casseruola con olio, adagiare il pollo nell’olio freddo.
Far rosolare i pezzetti di pollo lasciandoli colorire bene, salare, pepare.Spolverizzare di farina, unire il succo dei limoni ed il brodo. Coprire e portare a cottura il pollo, se necessario aggiungere altro brodo, dovrà formarsi una salsa piuttosto densa e cremosa. Questa la ricetta di Iolanda.
Ho aggiunto questa parte semplicemente decorativa.
Mettere in una padella poca acqua, scottare appena la julienne di scorza di limone, eliminare l’acqua, aggiungere un pizzico di zucchero, far candire leggermente la scorza, completare con un pizzico di sale, togliere dal fuoco e far asciugare.Servire il pollo con il suo denso sughetto e decorare con le scorzette a julienne candite.

mercoledì 13 ottobre 2010

Saluto all'estate

L’estate ci sta davvero lasciando, con le prime giornate di vento ed aria fredda, sfumano i profumi e i colori che il sole ogni anno regala; per quanto l’uomo tenti, con serre e coltivazioni forzate, di ingannare gli sprovveduti che continuano ad acquistare per tutto l’anno al supermercato, pomodori, peperoni, melanzane… non può eguagliare il luminoso astro, unico dispensatore di gusto e vera bontà.
Un’altra stagione è trascorsa, qualcuno ci ha lasciato…..qualcuno ci accompagna.
Ognuno affacciato a quella finestra che è la nostra vita.

Ultimo omaggio ai profumi dell’estate con le pesche che quest’anno sono state particolarmente generose.


PESCHE ALLA CREMA DI MOSCATO

Ingredienti per 6 persone:
9 pesche gialle
200g circa di zucchero per la cottura delle pesche
100g di zucchero per la crema
2 cucchiai di zucchero a velo per la panna
2 cucchiai di frumina
½ litro di moscato grecale
2 uova
250g di panna fresca da montare
½ bicchiere circa di vino bianco

Tagliare le pesche a metà eliminando il nocciolo, metterle in una padella antiaderente sul fuoco, appoggiate sulla buccia, con lo zucchero e il vino bianco, farle cuocere mantenendole al dente, girando una volta, finchè si formerà sul fondo uno sciroppo rosato e denso.
Togliere dal fuoco, far intiepidire, poi togliere la buccia. Scolare dallo sciroppo 12 mezze pesche. Frullare le 6 rimanenti con lo sciroppo, utilizzando il minipimer ad immersione o il robot per ottenere una purea. Far freddare il tutto. Tagliare a pezzettoni le altre mezze pesche.
Mettere in un tegame le uova con lo zucchero, frullare, unire la frumina e frullare ancora un po’, unire il moscato, porre sul fuoco e mescolando con una frusta portare ad ebollizione la crema lasciando cuocere per alcuni minuti. Far raffreddare bene. Si consiglia di preparare la crema in anticipo.
Montare la panna con lo zucchero a velo ed unire, piano piano a cucchiaiate
alla crema di moscato fredda.
Disporre sul fondo delle coppe un po’ di purea di pesche, la crema al moscato e infine le pesche a pezzetti. Servire le coppe fredde.
Si possono guarnire con panna montata, amaretti sbriciolati, meringhe, lingue di gatto……

Si possono mettere le pesche intere nelle coppe e alternare in modo diverso i tre ingredienti.
Si può mescolare la purea di pesche a una parte di crema o a tutta eliminando anche la panna.
Si possono utilizzare con la crema al moscato anche pesche crude
.

venerdì 8 ottobre 2010

Come una fetta biscottata

In questi ultimi anni i risvegli sono stati silenziosi, un senso di vuoto pervade la casa e anche se la luce del mattino si insinua come usuale ospite nelle stanze, dentro di me non suscita nessun sentimento efficace per promuovere gesti di benevola accoglienza.
Per anni ho preparato due belle colazioni fumanti, quelle risate tuffate nel latte, le piccole mani e le bocche imbrattate sono piacevoli immagini da rievocare.

Poi c'è stato il tempo delle colazioni contestate, trangugiate in fretta per dare spazio al maquillage o ai capelli impomatati di gel.
Adesso mi permetto colazioni rilassanti, ma quello che mi sembrava un gradevole obbiettivo è solo una nuova dimensione, dove la solitudine pesa e affonda nella schiuma del cappuccino.
Mi metto davanti una fetta di torta e tre biscotti alla marmellata per non sentirmi come quella fetta biscottata che lì, un po’rotta, resta in attesa.
La bilancia mi punirà!

Questa ricetta vi permetterà di preparare in casa delle buone fette biscottate che potranno essere un’alternativa più dietetica rispetto a biscotti, torte, croissant.


FETTE BISCOTTATE

Ingredienti: 650 g di farina 00(di cui 150 può essere di manitoba) , 80/100 g di zucchero, 45 g di olio di riso, un pizzico di sale, 1 uovo, 125 g di latte e 125 g di acqua, circa 10 g di lievito di birra compresso o 6 g di lievito di birra liofilizzato o 150 g di licoli rinfrescato 1  volta( 50g licoli/50g acqua/ 50g farina) o 2 (1° rinfresco:50 g di licoli+15 g acqua+ 15 g farina-2°rinfresco: il 1° rinfresco +35 g acqua e+35 g farina 00), si potrà utilizzare anche la lievitazione mista con 80 g di licoli e 1 g di lievito di birra compresso, 1 cucchiaio di malto d'orzo o di riso, 1 cucchiaino raso di malto diastatico (facoltativo).

Sciogliere il lievito in acqua e latte.
Aggiungere la  farina setacciata, lo  zucchero, l' uovo, il malto d'orzo e quello diastatico  unire per ultimi sale e olio e lavorare molto bene l'impasto fino ad incordarlo  (deve arrivare ad essere molto elastico e non appiccicarsi alle mani, l'operazione sarà più agevole con la planetaria( fig.1).
Mettere il composto sul piano e dare per 2 volte le pieghe a distanza di circa 20 minuti( fig.2).
Far lievitare il composto in un contenitore per circa 2 ore coperto con pellicola o telo umido o in un sacchetto trasparente, il tempo di lievitazione sarà molto più  lungo se si è usato lievito licoli. La lievitazione dipenderà anche dalla temperatura esterna, o lo si lascia a temperatura ambiente per circa 8 ore o a temperatura controllata a circa 25°(abbattitore o camera di lievitazione), comunque l'impasto   dovrà raddoppiare. Mettere di nuovo sul piano da lavoro e ripetere per 3 volte le pieghe.
Dividere il composto in 3 o 4 porzioni dando la formatura e porre in stampi da plumcake imburrati e infarinati, la quantità di pasta determinerà l'altezza della fetta biscottata, io preferisco usare 4 stampi (fig.3).
Far lievitare per circa 2 o 3 ore, naturalmente il tempo di lievitazione dipende dalla temperatura dell'ambiente, ideale la temperatura controllata a 25° circa e se si usa lievito naturale la lievitazione sarà molto più lenta,  comunque l'impasto deve arrivare a circa 1  cm dal bordo dello stampo (fig.4).
Cuocere a 170° per 25/30 minuti circa, 
 in un'unica infornata, 3 stampi allineati verticalmente ed uno vicino allo sportello orizzontalmente se in cottura la superficie si colorisse troppo coprire con un foglio di carta di alluminio.
Far raffreddare bene anche per un giorno (fig.5- fig.6)
Affettare i  pani (fig.7 ), adagiare le fette su carta da forno disposta su teglie o griglie (fig.8- fig.9), far tostare in forno ventilato a 100° finché non risulteranno croccanti e a 150° gli ultimi 5/10 minuti per la doratura (fig.10). Se si possiede un essiccatore o un abbattitore(tenendo lo sportello socchiuso) l'essiccazione potrà avvenire a circa 75°.Se si desidera  una maggior doratura mettere in forno ventilato a 150° per circa 5' o 7' minuti
Ideali per la colazione o per uno spuntino (fig.11- fig.12)
Le fette si conservano a lungo in sacchetti per biscotti o in contenitori di vetro o di latta 
(fig.13). 

mercoledì 6 ottobre 2010

Tradizione in famiglia

Questa ricetta è entrata nella tradizione della mia famiglia, io l'ho conosciuta da piccola e poi è stato il turno dei miei figli, tutt'oggi ne siamo golosi.
Credo che loro stessi la tramanderanno, così altri discendenti si leccheranno i baffi ficcandosi in bocca grossi bocconi di pane perchè questo piatto fa "companatico", come usava dire mia madre che, dovendo mettere a tavola ogni giorno sette persone, in tempi in cui non c'era niente da scialare in quanto ad economia domestica, considerava fondamentale che il cibo invitasse a mangiare tanto pane per sentirsi ben satolli.
La peperonata ricca era per lei un cavallo di battaglia del quale andava orgogliosa e al quale facevamo sempre festa.
Adesso quando mia madre la trova sulla mia tavola, buona come sempre, un sorriso le fugge sulle labbra, le nostre menti in quel momento sono unite dai ricordi però dice:
-Mi fa mangiare troppo pane!
Penso:
-I tempi cambiano ma la peperonata ricca resta!!!
Io la preferisco nella versione originale anche se nel tempo ho sperimentato delle variazioni forse meno rustiche, più d'effetto visivo, comunque gradite.
Ve la porgo come gesto d'affetto perchè rappresenta un po' della mia vita passata e presente.


PEPERONATA RICCA
Ingredienti per 4 persone: 2 peperoni gialli , 2 peperoni rossi, 1 cipolla, 400g carne di vitello scelta macinata(in alternativa si può usare carne di pollo o tacchino o maiale), sale, pepe, olio extravergine, concentrato di pomodoro o passata q.b.

Sbucciare ed affettare la cipolla.Metterla in una ampia padella con olio.
Lavare i peperoni, eliminare i semi, tagliarli a falde e poi a strisce.

 aggiungere i peperoni  alla cipollae farli leggermente appassire, salare e pepare.

Unire la carne macinata salta e pepata, sbriciolare bene con la forchetta. 


Unire il pomodoro e tenere il tutto sul fuoco con coperchio finché carne e peperoni siano cotti scoprire per far ridurre se occorre, in cottura aggiustare di sale , ma considerate che in cottura la preparazione si insaporirà.
  Questa sostanziosa peperonata si presta come secondo ma anche come condimento per pasta, gnocchi di patate e lasagne.
Potrete sostituire il macinato con delle piccole polpettine di carne mista(tacchino o pollo, manzo, maiale), mortadella tritata o salsiccia, mollica di pane asciutta, parmigiano, sale, pepe, 1/4 di cipolla tritata e poca noce moscata in alternativa si possono profumare con del cumino macinato.


In tal caso meglio rosolare prima le polpette in padella.

Poi toglierle  dalla padella e preparare la peperonata come da ricetta precedente, 15 minuti/20 minuti prima del termine della cottura della peperonata aggiungere le polpettine e far ritirare il sugo.
 Il piatto è semplice ma gustoso, armatevi di pane buono e sarà difficile fermarsi!
Senza l'aggiunta della carne sarà una peperonata classica e i peperoni potrnnoessere tagliati anche a pezzi grandi.             

     
Se la tradizione non ci deve abbandonare, non per questo non dobbiamo essere curiosi di provare nuovi gusti, la curiosità in cucina, come nella vita, è una grande qualità, basta saperla dosare con un buon pizzico di intelligenza.
SALSA DI MELANZANE CON CURCUMA E YOGURT
Ingredienti: 2 o 3 melanzane, yogurt greco q.b, curcuma q.b, olio extravergine, sale, pepe.

Tagliare a metà per il lungo le melanzane, salare, condire con olio spolverizzare con la curcuma ed adagiare in una teglia su carta da forno.

Mettere in forno e cuocere finché l’interno delle melanzane sarà ben cotto.

Asportare con un cucchiaio la polpa delle melanzane e frullarla con il minipimer.

Aggiungere lo yogurt fino ad ottenere la densità desiderata, pepare ed aggiustare di sale ed olio.

 Questa salsa può essere utilizzata per crostini o come accompagnamento a carne o pesce.
Diluita con una buona quantità di yogurt può diventare una fresca zuppa estiva alla quale si potrà aggiungere del cipollotto fresco tritato e della paprika.

Può essere utilizzata riempiendo dei simpatici cestini realizzati con quadrati di pasta fillo, spennellati di olio e acqua, sovrapposti all'interno di uno stampino in modo sfalsato e cotti in forno a 180°, fino a doratura. Completati decorando con yogurt, paprika dolce e fiocchini fatti con le bucce delle melanzane.

La salsa può diventare uno stuzzichino da aperitivo servita in bicchierini o cucchiai da assaggio, ancora megliose se spolverizzata con tartufo tritato.