lunedì 23 novembre 2020

Una raccolta insolita

Io e mia madre eravamo le uniche villeggianti in quel paesino sulle colline emiliane. Erano gli inizi di settembre e godevamo delle ultime giornate di sole .Di solito  andavamo a pensione in qualche famiglia;  praticamente le prime forme di bred  and breakfast made in Italy, una modernità che per me  ha in verità origini lontane. 
Quell'anno invece avevamo affittato la casa della madre di  un certo signor  Veromo che ormai non vi abitava più, questo perché i famigliari ci raggiungevano nei fine settimana, cosa nuova e possibile per l'arrivo della  prima macchina in famiglia, con autista mio cognato Giuseppe.
Io avevo dieci anni.
La casa era situata in cima a due rampe di scale di legno che giungevano a un ballatoio di assi scricchiolanti sul quale si aprivano due ingressi, uno era il nostro e uno  quello di Veromo, sua moglie Elide e la loro figlia, un po' più grande di me, molto silenziosa, della quale non ricordo neppure il nome.
Un pomeriggio Elide mi chiamò e mi chiese di accompagnare la figlia nel castagneto per raccogliere le castagne. Io ero stupita, non erano ancora cadute  castagne, per quanto io e Paola ci fermassimo a verificare  ogni volta nel tragitto tra il Casone, dove abitava lei, e La Scuola, dove dimoravo momentaneamente .La mia amica del luogo e coetanea  mi aveva informato che ci voleva ancora tempo, sicuramente me ne sarei andata prima, infatti i  ricci erano ancora verdi e ben saldi sui rami.
Comunque io non ebbi il coraggio di dire niente di tutto ciò ad Elide, la quale ci consegnò due panieri  e due pertiche molto lunghe che facevamo fatica a tenere in piedi. Ci raccomandò di colpire solo i ricci più grossi, facendo  attenzione a non rovinare foglie e rami.
Cominciai a comprendere la mia sorte ma non certo il motivo di quella prematura raccolta. 
Seguii la ragazzina silenziosa fino al castagneto e lì cominciammo a muovere le pertiche colpendo i ricci, alcuni cadevano, altri no. Riempimmo con non poche difficoltà e bucotti alle dita i nostri panieri.
In cuor mio speravo che il risultato finale meritasse tutte quelle punture.
Elide ci accolse con un paio di guanti da lavoro e notai che aveva indossato scarpe robuste al posto delle ciabatte. Con piedi saldi  e mani guantate cominciò a forzare i ricci e ad estrarre delle pallide castagne pelose.
Le mise in pentola a bollire con sale e alloro. A quel punto me ne disinteressai.
Circa un'ora dopo Elide si presentò in casa nostra con una zuppiera fumante e dentro quelle che  definì "mondine".
Io e mamma ci mettemmo a togliere la sottile pellicola , le mondine scottavano  e le mettevamo  velocemente in bocca ,dove rivelavano la loro pastosità e dolcezza. Mia madre si meravigliava che fossi più veloce di lei nella mondatura e non mi lamentassi del calore, la mia non era bravura né sopportazione ma in verità era che  le mie dita erano  ancora intorpidite dalle punzecchiature della raccolta.

DOLCE DI PANE RAFFERMO E CASTAGNE

Ingredienti: 200 g di purea di castagne(nel caso non sia stagione di castagne sostituirle con  5 cucchiai di farina di castagne) , 250 g di pane raffermo, 500/600 ml di latte, 1 bustina di lievito per dolci, 100 g di uvetta, 6 o 7 fichi secchi, 80 g di noci o mandorle tritate, 1 bicchierino di rum, 1 pizzico di sale,100/ 120 g di zucchero, 50 g di burro o 30 g d'olio di riso.

Lessare le castagne per circa 25 minuti in modo da riuscire a sbucciarle e a spellarle.

Passarle al setaccio.
o frullare con il minipimer con poco latte

Spezzare  il pane e metterlo nel latte per tutta la notte soprattutto se pane toscano casalingo se pane bianco occorrerà meno tempo.
Lavare l'uvetta in acqua tiepida e poi metterla a macerare nel rum.
Frullare il pane nel robot.
Aggiungere lo zucchero , il sale , il lievito e la purea di castgne.
Aggiungere il burro fuso.
Aggiungere l'uvetta
Aggiungere il resto della frutta secca
Foderare uno stampo con carta forno.
Mettere l'impasto nello stampo.
Cuocere in forno a180° per circa 60 minuti. far raffreddare su una gratella.
Spolverare con zucchero a velo.
La torta ha una consistenza umida che mantiene nel tempo.


DOLCE DI CASTAGNE RICOTTA E AMARETTI

Ingredienti:400g di castagne cotte, 110 g di zucchero a velo + 1 cucchiaio per montare la panna da usare per decorare, 50 g di burro, 1/2 bicchierino di rum(facoltativo per chi non ama il liquore), 100 g di cioccolato fondente, 80 g di amaretti, 200 g di ricotta, 3,5 ml di latte, 250 ml di panna, estratto di vaniglia, 50 g di mandorle o nocciole.

Lessare le castagne  per circa 25 minuti in modo da riuscire a sbucciarle e a spellarle.

Finire di cuocerle nel latte profumato con la vaniglia finché saranno tenere e lo avranno assorbito.
Frullare con minipimer o passarle al setaccio.
Far fondere il burro.

Aggiungere il burro fuso e il rum
Sciogliere il cioccolato a bagnomaria .Incorporare al composto di castagne.
Aggiungere 30 g di amaretti sbriciolati
e 70 g di zucchero a velo
Montare leggermente 125 ml della panna poi aggiungere la ricotta e  lo zucchero rimasto 
Continuare a montare per ottenere un composto soffice e spumoso.
Aggiungere la granella di frutta secca tenendone un po' da parte per la decorazione
e gli amaretti rimasti sbriciolati conservandone alcuni per la decorazione.
Foderare uno stampo con pellicola.
Spalmare sul fondo uno strato  di composto di castagne di spessore circa 2 cm.
Proseguire con uno strato di ricotta.
Continuare con altri due strati rispettivamente di castagne
e ricotta
Chiudere con pellicola e riporre al fresco in frigorifero o abbattitore per una notte.
Sformare il dolce
Montare la panna rimasta con 1 cucchiaio di zucchero a velo.
Decorare  la torta con la di frutta secca e gli amaretti tenuti da parte.
Continuare la decorazione con ciuffi di panna montata.
Mantenere al fresco.

venerdì 13 novembre 2020

Al tempo dello strutto

Oggi la parola strutto non si può pronunciare, fa inorridire i salutisti e tutti  coloro che amano mangiar leggero.
Quando ero piccola era presente in cucina per friggere, condire, conservare e curare i bernoccoli.
Io inorridivo solo a vederlo, pur non avendo nozioni culinarie di nessun tipo , quella massa unta, grassa  e bianca mi destava molti sospetti. Però mangiavo con gusto le patate, fritte in quell'olio trasparente, senza collegare che si trattava della stessa sostanza sciolta al calore.
Le rape e  il cavolo nero erano saltate in padella con lo  strutto, ma quelle non erano cibo gradito per me , quindi quando vedevo la mamma che adagiava in mezzo alla verdura un pezzo di massa bianca poltigliosa, preso da un grande vaso in cucina, non mi preoccupavo.
Su  una mensola di marmo stavano altri  tre grandi vasi, uno con i fegatelli  e uno con le salsicce con lo stesso destino di sepoltura nello strutto, se ne intravedevano alcune parti che erano rimaste contro il vetro, l'altro vaso conteneva l'arista arrosto sott'olio.
Le tre preparazioni erano compito del babbo dopo l'uccisione del maiale e rappresentavano le uniche creazioni  mangerecce che gli ho visto fare  in vita sua, a parte il croccante con il vino e il vin brulé.
Tirava su l'arista dall'olio, tagliava le fette necessarie per la cena mentre  il profumo degli aromi si diffondeva, poi il pezzo non utilizzato veniva immerso di nuovo nell'olio.
Ma la cosa più rivoltante per me era la pesca delle salsicce o dei fegatelli cotte le prime nello strutto che si portavano dietro e scaldati in padella i secondi.
Non c'era altro modo di conservare i cibi  e le stanze erano così fredde che non serviva riporre in cantina.
A volte la mamma spostava i vasi nel salotto che era un vero frigorifero, la stanza senza nessun mezzo di riscaldamento  si affacciava sulla gora e non vedeva mai il sole.
Non ho mai assaggiato nessuna di queste cose lardose da piccola  e ora ne ho rimpianto perché  adesso mi piacciono molto, e se le voglio gustare me le devo cucinare.

FEGATELLI

Qualcuno preferisce inserire nella rete il fegato a pezzetti semplicemente condito con sale pepe e spezie ma nella mia  famiglia e in molti ristoranti la ricetta prevede il fegato tritato, ultimamente ne ho mangiata una versione antica che prevede nell'impasto dei savoiardi sbriciolati. Credo che ogni famiglia abbia la sua versione un po' come avviene per i crostini con i fegatini.

Ingredienti:500 g di fegato di maiale, rete di maiale q.b, 80/ 100g di mortadella o prosciutto cotto, 100 g di carne di maiale macinata(va bene anche un fondino di arista cotta avanzata) , sale , pepe, foglie di alloro,  un pizzico di spezie miste toscane.

La rete di maiale in genere viene messa direttamente nella vaschetta in cui viene venduto il fegato
Tritare il fegato di maiale
  io utilizzo il robot se si desidera un fegatello più rustico si può tagliare il fegato a coltello.

Unire al fegato  la carne di maiale macinata 
Tritare la mortadella e aggiungerla.
Aggiungere sale, pepe e sezie emescolare bene.
Mettere la rete in acqua tiepida.
 Tagliare in porzioni  e stendere sul tagliere.
Mettere al centro una cucchiaiata molto abbondante di ripieno.
 Avvolgere formare un sacchetto per chiudere il fegato 


Sigillare con uno stecchino infilato nella foglia di alloro.

Mettere in padella olio extravergine e far rosolare lentamente
Con coperchio i fegatelli 
 
Su entrambe i lati
Fino a cottura
Servire con contorno di cavolo nero o rape lessati e saltati in padella con olio extravergine sale, pepe e uno spicchio d'aglio