Io e mia madre eravamo le uniche villeggianti in quel
paesino sulle colline emiliane. Erano gli inizi di settembre e godevamo delle
ultime giornate di sole .Di solito andavamo a pensione in qualche famiglia; praticamente le prime forme di bred and breakfast
made in Italy, una modernità che per me ha in
verità origini lontane.
Quell'anno invece avevamo affittato la casa della madre di un certo signor Veromo che ormai non vi abitava più, questo
perché i famigliari ci raggiungevano nei fine settimana, cosa nuova e possibile
per l'arrivo della prima macchina in
famiglia, con autista mio cognato Giuseppe.
Io avevo dieci anni.
La casa era situata in cima a due rampe di scale di legno che giungevano a un
ballatoio di assi scricchiolanti sul quale si aprivano due ingressi, uno era il
nostro e uno quello di Veromo, sua
moglie Elide e la loro figlia, un po' più grande di me, molto silenziosa, della
quale non ricordo neppure il nome.
Un pomeriggio Elide mi chiamò e mi chiese di accompagnare la figlia nel
castagneto per raccogliere le castagne. Io ero stupita, non erano ancora cadute
castagne, per quanto io e Paola ci fermassimo
a verificare ogni volta nel tragitto tra
il Casone, dove abitava lei, e La Scuola, dove dimoravo momentaneamente .La mia
amica del luogo e coetanea mi aveva informato che ci
voleva ancora tempo, sicuramente me ne sarei andata prima, infatti i ricci erano ancora verdi e ben saldi sui rami.
Comunque io non ebbi il coraggio di dire niente di tutto ciò ad Elide, la quale ci consegnò due panieri e due pertiche molto lunghe
che facevamo fatica a tenere in piedi. Ci raccomandò di colpire solo i ricci più
grossi, facendo attenzione a non
rovinare foglie e rami.
Cominciai a comprendere la mia sorte ma non certo il motivo di quella prematura
raccolta.
Seguii la ragazzina silenziosa fino al castagneto e lì cominciammo a muovere le
pertiche colpendo i ricci, alcuni cadevano, altri no. Riempimmo con non poche
difficoltà e bucotti alle dita i nostri
panieri.
In cuor mio speravo che il risultato
finale meritasse tutte quelle punture.
Elide ci accolse con un paio di guanti da lavoro e notai che aveva indossato
scarpe robuste al posto delle ciabatte. Con piedi saldi e mani guantate cominciò a forzare i ricci e
ad estrarre delle pallide castagne pelose.
Le mise in pentola a bollire con sale e alloro. A quel punto me ne
disinteressai.
Circa un'ora dopo Elide si presentò in casa nostra con una zuppiera fumante e dentro quelle che definì
"mondine".
Io e mamma ci mettemmo a togliere la sottile pellicola , le mondine scottavano e le mettevamo velocemente in bocca ,dove rivelavano la loro
pastosità e dolcezza. Mia madre si meravigliava che fossi più veloce di lei
nella mondatura e non mi lamentassi del calore, la mia non era bravura né sopportazione ma in verità
era che le mie dita erano ancora intorpidite dalle punzecchiature della
raccolta.
DOLCE DI PANE RAFFERMO E CASTAGNE
Ingredienti: 200 g di purea di castagne(nel caso non sia stagione di castagne sostituirle con 5 cucchiai di farina di castagne) , 250 g di pane raffermo, 500/600 ml di latte, 1 bustina di lievito per dolci, 100 g di uvetta, 6 o 7 fichi secchi, 80 g di noci o mandorle tritate, 1 bicchierino di rum, 1 pizzico di sale,100/ 120 g di zucchero, 50 g di burro o 30 g d'olio di riso.
Lessare le castagne per circa 25 minuti in modo da riuscire a sbucciarle e a spellarle.
Lavare l'uvetta in acqua tiepida e poi metterla a macerare nel rum.
Frullare il pane nel robot.
Aggiungere il resto della frutta secca
Foderare uno stampo con carta forno.
Mettere l'impasto nello stampo.
La torta ha una consistenza umida che mantiene nel tempo.
DOLCE DI CASTAGNE RICOTTA E AMARETTI
Ingredienti:400g di castagne cotte, 110 g di zucchero a velo + 1 cucchiaio per montare la panna da usare per decorare, 50 g di burro, 1/2 bicchierino di rum(facoltativo per chi non ama il liquore), 100 g di cioccolato fondente, 80 g di amaretti, 200 g di ricotta, 3,5 ml di latte, 250 ml di panna, estratto di vaniglia, 50 g di mandorle o nocciole.
Lessare le castagne per circa 25 minuti in modo da riuscire a sbucciarle e a spellarle.
Finire di cuocerle nel latte profumato con la vaniglia finché saranno tenere e lo avranno assorbito.